Siamo
intercapedini chiuse
tra verticali distanze murarie
Silenziose solitudini
isolate e compresse
Camere d’aria
prive di respiro vitale
Assenze d’amore
e di contatto carnale
***
Con le nostre parole
osammo sfidare
la geometria della distanza
l’architettura del tempo
Con le nostre parole
costruimmo un architrave
su solitudini verticali
crollato ora
sotto il peso dell’assenza
e dell’impietoso
silenzio
***
Nel ventre mortale
fin dal concepimento
Consumiamo il tempo
chiamandolo vita
Lastrichiamo di ricordi
la strada che conduce all’oblio
Seminiamo molliche di pane
per farci trovare
ma nessuna mano le raccoglierà
Mangiamo ora quel che c’è da mangiare
Il vento domani
le nostre briciole
spazzerà via
***
Tu sei la metallica lama sottile
Io la mina
Roteo intorno a te
che mi affili
mi assottigli
e mi consumi
Mi temperi
e mi tempri
nel dolore
Puntuta incido la pagina
e nel percorrerla mi arrotondo
Lascio delebili segni
cancellabili
Ricordi di lama
Consumate parole
Sbiadite memorie
***
Solitarie stanze
un tempo
da voci squillanti abitate
Riecheggiano nella memoria
quelle parole sottili
quelle grida infantili
Stanze ormai trasformate
pavimenti
da altre esistenze
calpestati
Nuove parole
Odori diversi dalla cucina
La serranda in camera
che ancora si alza ogni mattina
ma non è la mano di mia madre
a far scorrere la cinghia
non è la sua voce ad augurare il buongiorno
e non ci sono io nel letto
a sollevare il lenzuolo sul viso
per riparare gli occhi
dalla luce del mattino