OLTRE LA SIEPE
Ho sottratto i sogni al tramonto,
ho insegnato loro a cantare al sole,
affacciati sul davanzale del giorno.
Uno dopo l’altro li ho battezzati,
li ho riparati dal gelo dell’inverno
con la conchiglia delle mani chiuse.
Li ho aiutati a volare oltre la siepe,
sopra la chioma del pesco in fiore,
mentre la cicala si abbronzava.
Temo di non riuscire a raggiungerli,
su per i muri le gambe tremano.
I lupi selvaggi hanno azzannato il mio grido.
Ne ho parlato con l’angelo che li distribuiva:
la cattedrale è mutilata dal sisma,
i santi fratturati mostrano le piaghe.
Ah! Schizza sui corpi il dolore,
scende di soppiatto dal cipresso senza foglie,
imbratta occhi, labbra per amare.
Cola il tempo, impassibile deforma tutto.
Il pettine degli anni col gesso bianco
stinge i capelli e la barba.
Lacrime di stagno scorrono nella clessidra.
La notte srotola un sipario di velluto,
ammanta le case ferite e le lenticchie vanitose.
L’anima rimescola l’inizio e la fine.
LE BRACCIA DEL GINEPRO
Voglio fuggire
lontana da voci incensurabili di potenti,
risa assordanti di clowns,
sovraffollati tram, neuro eccessi.
- Insofferente alla detenzione,
libero farfalle bianche.
Sola ti cerco
tra lepri spaventate
e cespugli di speranze,
nel bosco dove da bambina
ho nascosto la ghirlanda di comete.
- Si squama il tuo sorriso tra i ricordi. Ci sei ancora.
Rannicchiata
accanto al pungitopo spinoso
do in regalo i sogni allo scoiattolo.
Ritto raccoglie le ghiande, si stiracchia, sbadiglia,
poi si accoccola. Non dice nulla.
- Resta un buco sul tronco della quercia.
Al risucchio della terra
un buffo di vento intona la ninna nanna,
l’usignolo recita le mie canzoni.
- Le braccia del ginepro
fanno il trotta trotta cavallino
e addormentano il mio cuore.
Il sorriso dell’alba
riscalda i nidi delle tortore
quando i riccioli inquieti
intrecciano i tuoi baci alle foglie mosse.
Oltre la siepe i raggi cuciono il tappeto di ciclamini;
occhi rivolti verso l’alto attraversano spazi infiniti.
TERRA MADRE
A Greta Thunberg
Una giovane, con il cuore verde,
guarda i fumi della bellezza in fiamme,
i neonati, contaminati da sterco di ingordigia,
i vecchi, che piangono sulle ceneri della giustizia.
La Terra Madre atterrita
scopre le ustioni del suo seno.
- Ripudiata, la Verità resta in disparte.
Con la coperta della menzogna
nascondono il viso butterato dell’Universo,
la luna ed il sole ingrigiti.
Rivolo a rivolo la luce viene dirottata:
d’ora in poi nessuno la vedrà, come prima.
Un fenicottero accecato vola via.
- Il Cielo, amareggiato, si copre gli occhi.
LO STAGNO MINGHERLINO
Dentro la foresta amazzonica
brucia il polmone del pianeta.
Nel grigio della metastasi
il tamarino non trova alberi da scalare
e occhi per guardare.
- Scompare dentro la cenere.
Lingue di fuoco inceneriscono raccolti,
stuprano ventri di madri,
sogni di adolescenti,
amori di giovani,
speranze di padri.
- Il nero inquina i giorni.
Non si mimetizzano anfibi
scoloriti da bracieri di cespugli.
La rana spaventata non gracida,
nel tramonto d’estate
balbetta la sua agonia.
- Inerte, nello stagno mingherlino.
I ricchi non vedono
l’incendio che divampa,
le lacrime degli alberi,
il corso affannoso del fiume,
ristoro avvelenato alle mandrie.
- I roghi inghiottono la foresta.
I governanti non odono
suppliche di anatre,
che con ali nere e insetti intossicati,
cullano le salme della prole.
In lutto il cristallo del torrente.
ALLA FIGLIA MAI NATA
Il sole non è tramontato. Non è sorto per te.
Non posso dire che eri bella. Non ti ho conosciuta.
La tua vita non è finita. Non sei mai nata.
Non un grido o balbettio di bocca,
neanche un giorno iscritta all’anagrafe.
Dietro la mia ipoacusia si perde la tua voce.
Ho comprato la guida completa dei nomi,
cerco un nome per chiamarti,
quello più bello, da registrare all’anagrafe del cuore.
L’ufficio dell’Universo ha orari ridotti,
occorre annunciarsi prima di suonare.
Quando aprono sono invisibili, come i tatuaggi della morte.
Dentro l’orizzonte raggi di luce salgono,
occhi rivolti verso l’alto non vedono.
- La rondine con l’ala spezzata sorride alla luna.