L’uomo di pane
I tuoi amici l’hanno chiamato “l’uomo di pane”, da tanto è mite.
Loro non sanno, e tu non sai, che quel pane è pieno di chiodi.
Non manca molto. Tra un po’, le parole dell’uomo di pane
saranno strane, pungenti, e goccia a goccia
scaveranno in te cunicoli di solitudine.
Il tuo cuore scapperà come un pesciolino
di qua di là senza rifugio.
Lo raggiungono, le parole dell’uomo di pane, e lo fanno ghiacciare
in uno stridio fulmineo di uccello che muore.
E il tuo respiro stesso si dovrà nascondere,il tuo passo essere invisibile
Per non fare esplodere questa palla di male.
Qual è stato il giorno che hai smesso di cantare?
Perché ora, muta per sempre, guardi di sottecchi l’uomo di pane
per indovinare da lui che cosa fare di te?
Come mai i tuoi pensieri in fiamme, in fiume incontrollabile
tutti scorrono verso di lui? Oh no, non è solo che ti è andata male.
È che tutto si è fermato è caduto rotto guasto
stonato -E l’uomo di pane dice, dice che sei stata tu a fare questo macello
Perché ora, altrimenti, non ci sarebbe una discarica dove c’era il vostro castello
di fate. Non credergli! Gli credi. Gli credi perché
non hai più niente. Tutto è caduto attorno a te
come un castello di carte. E al prossimo attacco ti metti
in ginocchio e gli dici: tu mi hai dato la vita, tu finiscimi.
Piange, l’uomo di pane. Non è cattivo. Adesso è una ciambella
che ti abbraccia. Il mondo è così grande e dolce.
Ridi: é stato tutto un grosso equivoco. Mai più quelle parole-
punizioni, puntine da disegno nei tuoi polmoni.
La mano alzata a minacciare non era sua. Dimentica.
È stato un incubo che avete vissuto insieme.
Da oggi, vedrai, andrà tutto bene.
Conservazioni inopportune
Ho tenuto di te
le matite colorate
della casa dentro cui volevi disegnarmi;
Ho tenuto di te
lo scherno in fondo ai tuoi occhi gialli;
Di te ho tenuto musica
per riuscire a scappare;
le cose sante non ho tenuto,
le cose sante ai cani.
…—… (SOS)
Esse o esse ti mando un
Esse o esse in codice morse
Essere o non essere fesse
Essere o non essere stronze
Fare le code e le corse per te
Come se niente fosse
Decodificare le frasi
I tuoi discorsi di Mordor
I tuoi sguardi horror
E il mio cervello è sciolto
Non sa neanche lui cosa voglio
Come se le mie intenzioni
Le mie stagioni i miei polmoni
Seguissero passo passo solo te (che due co****ni).
Di chi è la colpa.
Non chiedete di chi è la colpa.
Perché tutti mi dicono cose e nessuno mi ascolta
E tu nella mia mente sei onnipotente
E per l’ennesima volta
Con questo SMS
Al posto che mandarti a quel paese , io
Ti mando un esse o esse.
Tipico, tipico lo stress legato a vessarsi
e lessarsi come platesse in un affetto molesto sbagliato
assuefatte a un reato
che ci lascia vuote sconvolte-Forse
eravamo di corsa e non ci siamo accorte
di come è mostruoso questo nostro
farsi amare a morsi
farsi amare a morte
La donna invisibile
Papà, ringrazio innanzi tutto te
se oggi sono quel che sono: la supereroina della Marvel,
alta tre metri, con due metri di capelli neri,
gli occhi verdi come i gatti, due tette da assalto-
dai, sto scherzando, ma tanto sono la donna invisibile
e mi posso descrivere inventandomi.
Tu sì che eri grande: facevi un passo con le scarpe lucide
e io con le mie stupide gambette tre o quattro passi,
e che buffo, sul seggiolino in bici avevo paura che io ti pesassi.
E ti pesavo: non sulla bici; altrove, dentro.
Tu eri un altro supereroe, trasparente, e io ti vedevo attraverso.
Mi scuserai? Per scusarmi di esistere
fantastica idea, diventare invisibile. Papà, grazie
che quando sono cresciuta e spuntavo un po’sopra il tavolo
e poi sopra i compagni di classe, sopra i fogli con le classifiche,
perché non ero tanto sicura di volere davvero essere invisibile,
tu hai inventato per me quella vernice fantastica:
ad ogni mia conquista, tu subito via, una pennellata
in faccia, con questa. E dopo,
verniciata da carta da gioco, mi hai mostrato
ai tuoi amici per un attimo, per poi rimettermi giù
a faccia in giù, orizzontale, da indovinare,
gatto di Schroedinger, Occhi di Gatto;
io intanto, sgattaiolata via per altre strade,
diventata grande gigante con gente che comunque vada,
non so come faccia, mi VEDE-
va beh c’ho gli amici magici papà, scusami se non te l’ho detto;
io ti parlo e ancora mi credi la donna invisibile
grazie al tuo trucchetto -un po’ comico, sai, perché sei tu
che non mi vedi perché non vedi più.
Altre di noi
Oggi millenni di ingiustizia mi piegano a terra.
Pesano su di me vecchie metafore, la lingua che parlo,
le mani che mi hanno cresciuto, come una catastrofe.
Oggi vorrei confondermi nel cielo, mai più parlare.
Forse la guerra è persa per me, persa per quelle che sono morte;
ma altre di noi, leggere- altre di noi più forti,
a cui abbiamo dato noi radici e rami,
per la sola legge della vita continuano a spuntare
e mentre noi siamo dimenticate,
mentre ci annegate nel fango,
e pensate di aver vinto,
altre di noi cominciano a danzare.
E non reggerà lo sciame degli occhi che giudicano,
se gli occhi dei figli sono tranquilli e pieni di felicità.
E non reggeranno le mille mani che schiacciano,
non reggeranno la speranza, e la rabbia che traboccherà.
Cambieranno le lingue
cambieranno le leggi
non tutte oggi, ma anche oggi
altre di noi stanno già nascendo
altre di noi scrivono e leggono
sopravvivono ai proiettili
sopravvivono all’acido
sopravvivono all’ingiuria
cantano dove lo hai proibito
non hanno più paura delle tue minacce
tolgono la sicura e
ti sorridono in faccia