SHINGAL
“Sono fatti così loro”
“Le seviziano, ne fanno di tutti i colori loro”
3 agosto 2014 stupro sistematico e resa in schiavitù di 3mila donne yazide kurde.
Sui negozi di liquori che distruggono
scrivono con lo spray il nome del califfo
con addosso droghe e alcool.
Tutti noi in fuga sul monte Shingal,
privo d’acqua, cibo, riparo dal sole
privi del riparo d’Occidente.
Quassù l’unica pianta (piccola) ha rami diversi
come l’orrore NON è unica per tutti.
La solidarietà vola via verso New York, Madrid, Londra.
Alcuni umani sono più umani di altri.
“Succedono quelle cose lì da loro”
“È così da sempre da loro”
Anche qui da sempre nelle nostre case
lo zio morboso, il nonno strano,
il papà fa quelle cose, il prete allunga le mani.
Da noi.
Una donna islamica mutilata là ha meno dolore di una qua.
Alcune donne sono meno persone di altre.
Ho lasciato la Germania per tornare in patria.
Noi viviamo anche per le nostre defunte.
Ci siamo armate da sole, di filosofia e politica.
Non ci proteggete, ci autodifendiamo.
Fino a ieri dovevo stare a casa in attesa del matrimonio.
Come in attesa dell’Occidente.
Ho disteso la mia treccia sulla bara e ho salutato lei, la mia amica.
Ti lascio la rosa di quella pianta, piccola, del Shingal.
La rosa ha spine, non per attaccare,
ma per difendersi
“SOVERCHIANTE TEMPESTA EMOTIVA E PASSIONALE”
La mia bocca si spalanca sul tuo seno
che tende a me
mani succhiano altre curve
e i sessi s’avvinghiano rose rosse al vitigno
i pensieri non pensano
nuotano sull’intersuono
dai colli gialli dove giaciamo
fino ai pianeti
e avanti al confine della galassia
in secondi più veloci della luce
dei tuoi occhi aggrappati avidi
alle mie spalle ridenti
questa è
soverchiante tempesta emotiva e passionale
questa è
la nostra di fame e liberazione.
Ma in altra casa, altra donna
dominata da mani di uomo
salvato da pena dimezzata
per soverchiante tempesta emotiva e passionale
Delittuosa la tua sentenza, giudice onnipotente
all’amore hai paragonato
e giustificato
l’odio assassino di strangolatore sessista.
E con la bocca ancora piena guardo
come la nostra gioia ora
ti fa dormire sicura
sul verde di maggio
mentre di questo mondo leggo
cose dell’altro mondo.
N.d.A. “soverchiante tempesta emotiva e passionale”è l’attenuante generica in caso di femminicidio nella sentenza della Corte d’Appello di Bologna (marzo 2019) che dimezza la pena.
IL COMPASSO
Lo zefiro delle mie mani accartoccia il tempo.
Sono pronta. Lo ero anche prima.
E prima del prima.
Sotto sussurri rosa di tremolii profumati
sei in me.
Tra archi di rami e volte di foglie
sono il vento del mandorlo
soffio la tua schiena di impaurite voglie.
Il compasso ruota. Come prima.
E prima del prima.
Gira calmo gli anelli di Saturno
sulla lettera che non osi inviarmi
io divento acciaio:
perduro e brillo per noi.
Lo zefiro nelle mie mani è il vuoto del tempo.
Nulla ruota senza te.
IL MATRIMONIO NELLO SHAMBA*
(*campo, in lingua Swahili)
Nella foresta di tronchi bianchi
passiamo tra sudori di polvere
e banani viola
Al matrimonio ci aspettano
per mangiare a terra tra i polli secchi
il riso con le mani
Il muezzin stride in stereofonia
e cantilene sfiancanti fanno ballare donne in cerchio
mentre sul muro gli uomini
feroci e annoiati
le guardano in attesa
Entriamo nella casa della madre
siamo Uazungu, donne bianche
ospiti del villaggio di veli colorati
L’unico piccolo piano
straripa di ragazze
aggraziate – aprono le porte
grasse – dormono a terra
sudate – mi colpiscono con le tette
timide – dubitano che io sia un ragazzo
Tu soffochi, ancor prima di vedere la sposa
e i pensieri di polvere sudano ancor più
In una stanzina cadente
stipata di zanzariere\afa\luci a led e aliti
siede da ore un manichino di bambola
legata
con pesanti catene d’oro a noleggio
La sposa è un catafalco mentale
Gli occhi sbarrati
nel largo trucco nero
i piedi gonfi su alti tacchi grossi
Mentre tu svieni
pensando che potevi esserci tu legata a quel destino
il marito
impettito e grave dal costume bianco e la scimitarra
si fa spazio tra la folla
Ed io
che vorrei tornare tra i banani in fiore
sento dal cielo
gargarismi di scimmie agiate.
SCIMMIE OSTINATE
Risuona sempre il canto dell’attesa
vuota nella giungla fitta
solo io e una Scimmia offesa.
Nuoto di bianco sotto frutti blu
la più stupida sono io e lei lo sa.
Volo di pinne viola sotto pesanti rami rosa
ogni tanto mangiamo foglie e sputiamo autunno
lei sparge melograno dalla mia mano.
La notte ci guardiamo
io, lei, la Luna
finché la prima diventa strabica
e la seconda fradicia.
Ogni tanto ricordiamo la Donna dei Silenzi:
Luna dice che le suonava il flauto
la Scimmia si ostina a dire che non sentiva
(dietro piante rosse come Rousseau sogno)
l’altra scimmia si ostina a dire che la sentiva
(il montone arricciato sopra la coniglia nera)
“La sento, la vedo, la aspetto!”
Risuona Luna dell’ora che verrà.
Ha ragione la Scimmia: la più stupida sono io.